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Self-Portrait

Giacomo Ronchini, piano solo




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Ronchini, Giacomo

8014270862123

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Intervista a Giacomo Ronchini

Qual è il processo compositivo che hai seguito in questo tuo primo album personale, il tuo linguaggio armonico, la tua ispirazione?
La musica a volte decide di farmi visita, inaspettatamente, suggerendomi temi che riconosco come parte di me solo dopo averne ricercato pazientemente l’armonia. Quest’ultima non è coscientemente codificata in una tavolozza precisa di collegamenti pronti all’utilizzo, ma è carpita liberamente di volta in volta, pur rivelando a posteriori la sua identità stilistica. I titoli di ogni brano si sono materializzati a composizione finita o avviata e non ho mai rilevato alcuna ispirazione programmatica preventiva. Non ho preso spunti o modelli stilistici e compositivi.
Che struttura compositiva hai utilizzato nei tuoi brani? A che genere appartiene la tua musica?
La forma musicale che si è palesata in tutti i brani è quella di un tema (narrazione), una sua esplorazione, un ritorno (consapevolezza di un’esperienza vissuta). Credo di aver chiesto alla musica di questi brani di fluire decisa, come si chiede al vino di inebriarci con un bicchiere bevuto d’un fiato, non di essere plasmata dialetticamente su una forma, ma di essere costantemente e per la breve durata della composizione il punto culminante. Non saprei dire a che genere musicale appartiene il mio stile; certo è che non disdegna di porsi con le stesse intenzioni di una canzone, cioè di catturare un momento; il substrato strumentale e la ricerca sono di matrice classica, ma Il messaggio sembra rivolgersi anche a un pubblico jazz e pop...
Cosa significa per un pianista scrivere ed eseguire i propri brani? Perché anche dopo i due dischi dedicati a Jobim hai scelto ancora il pianoforte solo?
Scrivere questa musica è stato un tuffo liberatorio nell’irrazionalità, un ritorno alla creatività pura (ricordo limpido della mia infanzia) che, proprio dopo i due dischi dedicati a Jobim, mi accompagna quotidianamente, con il sogno di poter lasciare qualcosa di tangibile di me stesso. La serena solitudine del pianoforte è il mezzo, spogliato di ogni inutile e improbabile generosità cameristica, per esprimere questo messaggio.  La possibilità di eseguire personalmente la propria musica è un privilegio e completamento artistico unico.
Prova a darci un’immagine di questo album…
Uno sguardo dalla finestra, un momento lontano dall’inutilità di tante azioni ripetute nella quotidianità; poter fuggire e essere là, in quel posto da dove, a volte, parrebbe potersi osservare e ritrarre con più profondità.

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