Scherzo
Per pianoforte.
Spartito A4 di 24 pagine
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Revisione di Michele Mangani e Marco Magi, note critiche di Maria Chiara Mazzi
La musica per pianoforte vive nell'Ottocento un momento di enorme espansione: intanto perchè lo strumento si impone nelle case nobili e borghesi come insostituibile oggetto d'intrattenimento e polo di aggregazione, e poi perchè, grazie anche alle innovazioni tecniche che si moltiplicano a partire dagli anni Trenta, diviene strumento estremamente duttile nella musica da concerto: in formazione cameristica o come solista, contrapposto all'orchestra o protagonista unico della serata.
Si attribuisce a Liszt l'invenzione - se vogliamo chiamarla così- del recital pianistico, cioè di quel tipo di spettacolo in cui un solo esecutore è in grado, senza bisogno d'altro, di sostenere il confronto con il pubblico, mantenendone alta l'attenzione per mezzo di una straordinaria abilità tecnica. Ciò non rimane senza conseguenze sulla musica, perchè se i dilettanti preferiscono di gran lunga pagine sentimentali e non troppo difficili da imparare e da eseguire, con cui magari fare bella figura con gli amici, il concertista chiede musica con ben altre caratteristiche.
Intanto la difficoltà deve essere di grado assai più elevato (inizialmente sono gli stessi compositori che sÃincaricano di eseguire le proprie opere), e poi il contenuto deve essere in vario modo interessante, sia richiamando temi già noti agli ascoltatori, sia proponendo soluzioni virtuosistiche e percorsi di sviluppo nuovi rispetto alla tradizione.
» il caso di Liszt e di altri grandi virtuosi come Thalberg, Kessler, Moscheles e Rubinstein, per non citare che alcuni dei tantissimi pianisti-compositori che nell'Ottocento percorrevano in lungo e in largo l'Europa. Artisti che, conoscendo tutti i segreti dello strumento e in possesso dei mezzi necessari per far presa sugli ascoltatori, composero pagine che sarebbero poi diventate cavalli di battaglia per schiere di interpreti, anche nel Novecento.
Di altro stampo erano invece musicisti come Schumann, Chopin e Brahms, che anteponevano alla finalità esecutiva il ècolloquioà con il pianoforte, l'espressione attraverso la tastiera del proprio pensiero musicale. Ciò non significava necessariamente minore impegno tecnico, ma l'esibizione era tenuta in secondo piano.
Per quanto riguarda le forme utilizzate, a fianco del pezzo caratteristico e delle brevi pagine d'intrattenimento, all'inizio del secolo l'impegno maggiore è sicuramente destinato alla sonata, dove i musicisti romantici mostrano di volersi sottrarre al confronto con Beethoven e cercare una loro strada originale. Le sonate di Schubert, di Weber, di Chopin, di Schumann, di Brahms e dello stesso Liszt, pur rifacendosi al modello classico, lo trasformano dall'interno per piegarlo alle nuove esigenze dell'estetica romantica.
Ma verso la fine del secolo la sonata sembra sgretolarsi: la saldezza che da sempre l'aveva accompagnata viene meno, simboleggiando con ciò una crisi che non è soltanto musicale ma di carattere più generale. l'esempio più tipico è proprio rappresentato da Brahms, il cui catalogo pianistico si apre con monumentali sonate e imponenti cicli di variazioni e si completa negli ultimi anni con fantasie, intermezzi, scherziÖ
Dobbiamo però ammettere che a fronte della crisi, nel pieno della cultura decadentistica, molte possibilità si offrono a un compositore, molte forme si prestano ad accogliere il suo pensiero musicale. Oreste Forni sembra rispecchiare in questo lo spirito dei tempi: dalla musica da salotto, di cui abbiamo già proposto nel fascicolo precedente i valzer, al èpezzo brevÈ di salda struttura, come appunto lo Scherzo che qui presentiamo.
Se osserviamo non solo le composizioni pianistiche dei musicisti europei dell'epoca, ma anche quelle degli invero assai pochi autori che si dedicano in quegli anni in Italia al pianoforte, per esempio Stefano Golinelli e Giuseppe Martucci, figure che erano punti di riferimento proprio di quell'ambiente bolognese nel quale Forni si era formato, scopriamo come le loro opere siano non sonate, ma fantasie, danze, scherzi, il cui stile brillante sta a metà strada tra il èsalonà e il concerto.
In particolare per una forma come lo scherzo, dobbiamo qui ricordare che esso non aveva una storia lunga alle spalle. Introdotto nella sonata da Beethoven al posto del minuetto per scandirne con forza ritmica un tempo mediano, con Chopin, oltre a rimanere parte della sonata, era diventato anche una forma autonoma e, pur mantenendo l'articolazione tripartita (una sezione iniziale e una conclusiva uguali separate da una sezione centrale contrastante), aveva assunto proporzioni e significati di ben altro spessore. Con Brahms, infine, si era trasformato ulteriormente, assumendo anche toni intimistici e comunque di forte, concentrata intensità.
Per arrivare in Italia, gli scherzi di Martucci (per citare l'opera di un musicista vicino come epoca e come cultura a Forni) possono dirsi la realizzazione musicale del concetto di èscherzandoÃ, brillanti, veloci, affascinanti sia dal punto di vista dell'ascoltatore che dell'esecutore: un modello al quale chiaramente si rifà il musicista persicetano nella pagina qui proposta.
Tripartito, secondo la concezione formale classica, lo Scherzo di Forni non presenta però un netto contrasto tra la parte centrale e le due sezioni estreme perchè, pur nella differenza tematica e nel cambio di tonalità (da sol maggiore a sol minore), il motivo di semicrome che caratterizza il tema principale rimane come ricordo e collegamento tra le due parti.
Da sottolineare non solo l'agilità e il virtuosismo della scrittura, ricercata anche nella scelta metrica dei 3/8 anzichè dei consueti 3/4, ma anche la varietà dell'armonia, che evita i percorsi abituali per puntare a una originalità (non priva di sorprese) assai vicina alle coeve ricerche, in particolare in Germania, della musica di quegli anni.
Maria Chiara Mazzi