Arie e Romanze (digital download)
per canto e chitarra
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Indice
Quattro arie d'opera e nove romanze da camera per canto e pianoforte di Vincenzo Bellini (Catania, 1801 – Puteaux, Parigi, 1835) trascritte per canto e chitarra da Andrea Massimo Fantozzi e Marco Pisoni. Un'operazione che, relazionata ad altri compositori d'opera, vede illustri precedenti in compositori quali Ferdinando Carulli (Napoli, 1770 – Parigi, 1841) e Mauro Giuliani (Bisceglie, 1781 – Napoli, 1829) i quali hanno fatto della chitarra lo strumento principe della loro attività compositiva. Di Carulli ci rimangono oltre 300 pezzi per lo strumento a sei corde fra concerti con orchestra, sonate, notturni, ouvertures, piccoli pezzi, marce e variazioni. Note in particolare le sue trascrizioni di arie dal Barbiere di Siviglia ("Tornate sereni" da un'idea melodica della Sinfonia dell'opera; "Amo te solo" che parafrasa "Ah! Che d'amore" dal duetto Almaviva-Figaro) e dalla Donna del lago ("Amene selve, amiche piante" che parafrasa "Oh quante lagrime finor versai" cantata dal personaggio "en travesti" Malcolm Groeme) facenti parte di alcune raccolte delle quali è assai nota quella che ha per titolo Douze Ariettes Italiennes sur motifs de Rossini. Altrettanto apprezzato il Giuliani, anch'egli autore di concerti con orchestra, trii, quartetti e quintetti per chitarra e/o chitarrre ed altri strumenti, serenate, pot-pourris, Walzer, Laendler, Lieder (Abschied, Lied aus der Ferne, Staendchen et al. per voce e chitarra) ouvertures, dances. Famosissime la Giulianata op. 148 e le Rossiniane (op. 119-121; 124-125): ricorrono titoli quali La gazza ladra, L'assedio di Corinto, Elisabetta regina d'Inghilterra, La cenerentola. Non mancano tuttavia le ouverture da La clemenza di Tito di Mozart, La vestale di Spontini, Il pirata di Bellini. Nel caso del lavoro compiuto da Fantozzi e Pisoni non si tratta di parafrasi o pot-pourri d'opere del catanese, bensì la fedele riproduzione dell'accompagnamento alla chitarra di alcune pagine vocali concepite per pianoforte o, se espunte da opere, per grande orchestra.
Al di fuori del modesto rilievo che il catanese dedica alla musica strumentale e religiosa, relegate per lo più agli anni di apprendistato, l'unico genere al di fuori del melodramma che viene coltivato con convinzione è proprio quello della lirica vocale da camera. "Dolente immagine di Fille mia" viene pubblicata nel 1824, composta l'anno precedente e in ogni caso relazionata al giovanile amore per Maddalena Fumaroli. La parte consistente della produzione va dal 1826 al 1829, dedicata in teoria al mezzosoprano Marianna Pollini, buona amica del musicista, ma intenzionalmente ed intimamente relazionata a Giuditta Cantù Turina, l'amante milanese di Bellini. I titoli sono "Malinconia, ninfa gentile", "Vanne, o rosa fortunata", "Bella Nice, che d'amore", "Per pietà, bell'idol mio", "Almen se non poss'io", "Ma rendi pur contento". Ha scritto Bruno Gallotta: "Un autentico piccolo tesoro di sentimenti lindi e spontanei, espressi con melodie incantevoli attraverso strutture nelle quali la semplicità sia del disegno formale che dell'impianto armonico è elevata a sistema estetico" (Mursia, Milano 1997). Le ultime romanze presenti nell'attuale compilazione di Marco Pisoni sono "Il fervido desiderio" e, forse la più eseguita di tutte, "Vaga luna che inargenti", strofica, tonalmente statica, avara di modulazioni ma dalla spettacolare lirica cantabilità.
L'accompagnamento chitarristico in qualche modo assimila le pagine operistiche alle sunnominate romanze da camera: il canto – né può essere differentemente in quanto trattasi di pagine scritte per una vocalista eccelsa del tempo quale Giuditta Pasta, o per interpreti comunque di primissima sfera quali Rosalbina Carradori Allan e Annetta del Sere – emerge protagonistico sopra un accompagnamento che vicaria con sensibilità la parte orchestrale spesso sostenuta da più strumenti. Fantozzi ha scelto "Ah! Non pensar che pieno", mesta invocazione amorosa di Agnese del Maino dalla Beatrice di Tenda (Venezia, 1833); "Ah, non credea mirarti", dolente riflessione sulla caducità dell'amore e della vita di Amina dalla Sonnambula (Milano, 1831); "Casta diva", preghiera che la sacerdotessa druidica Norma eleva alla "Luna" nell'omonima partitura scritta per la Scala di Milano per il Carnevale del 1832; "Oh! Quante volte", trepido ed insieme appassionato invito all'amore che Giulietta rivolge a Romeo nei Capuleti e Montecchi, opera andata in scena alla Fenice di Venezia l'11 marzo 1830.
GIORGIO APPOLONIA