Studi op 120 -176 - 276 CD
Studi op 120 -176 - 276 CD
Studi op 120 -176 - 276 CD
Jean Baptiste Duvernoy
Sandro Baldi, pianoforte
01-15 15 Studi op. 120 - Scuola del meccanismo (partitura in preparazione)
16-40 20 Studi op. 176 - Scuola primaria (vedi partitura)
41-60 20 Studi op. 276 - Scuola preparatoria della velocità (vedi partitura)
Gli studi per pianoforte di Jean Baptiste Duvernoy
La letteratura didattica per il pianoforte trova in questo disco di Sandro Baldi una realizzazione autorevole, utilissima - a nostro parere - nel restituirci la realtà sonora di queste pagine spesso affrontate come pezzi d'obbligo e altrettanto spesso male studiate, storpiate fino ad essere rese irriconoscibili. Chi ancora deve affrontare Duvernoy ha cosìsubito chiaro che cosa lo aspetta, chi lo ha studiato in un passato più o meno lontano riscopre con nostalgia un compagno di viaggio discreto e affettuoso, anche se magari un po' trascurato nell'ansia di fare le prime conoscenze con Bach, Mozart, Schubert, Chopin e Beethoven.
Non è poi cosìscontato potersi appoggiare, nel caso di un'opera didattica, su un documento sonoro, e meno che mai su un documento sonoro attendibile come
questo che ci fornisce Sandro Baldi. Cramer, Czerny e gli altri maestri riconosciuti del genere sono, si può dire, ben poco rappresentati in un panorama che si è arricchito, ormai sono vent'anni e più, dell'integrale del Gradus ad Parnassum di Clementi ad opera di Vincenzo Vitale e dei suoi allievi, ma che non presenta esempi altrettanto significativi. Classici del pensiero (anche) pedagogico come il Bach del Piccolo libro di Anna Magdalena e delle Invenzioni e Sinfonie, per non parlare del Clavicembalo ben temperato, o gli Chopin, Liszt e Debussy degli Studi sono facilmente reperibili in disco come esempi di una concezione essenzialmente estetica, dove le finalità dell'arte si intrecciano indissolubilmente con quelle del progresso tecnico.
Che gli Studi di Jean-Baptiste Duvernoy si attengano strettamente a quest'ultimo aspetto appare subito chiaro, opera di un didatta che a Parigi (dove nacque nel 1800 e morìnel 1880) non esercitò l'insegnamento all'interno del Conservatorio (il regno di Louis Adam, padre del più celebre Adolphe-Charles e maestro di Kalkbrenner, ma soprattutto regno di François-Adrien Boïeldieu e dei suoi valorosi successori Pierre Guillaume Zimmermann, Antoine-François Marmontel, Louis Diémer fino ad Alfred Cortot: schiera illustrissima di didatti da cui discesero pianisti e musicisti del calibro di Saint-Saëns, Franck, Alkan, Bizet, Debussy, Casella, Casadesus, Ciani, Lipatti e molti altri) ma che, a differenza di Chopin, non coltivò ambizioni artistiche che travalicassero i confini del pezzo di carattere o della fantasia su temi favoriti allora di moda. A differenza delle nobili e ricchissime madames e mademoiselles chopiniane, dedicatarie (anche se non necessariamente destinatarie) dei numerosi Notturni, Mazurche, Valzer ecc. del loro grande maestro, gli allievi di Duvernoy non ambivano in genere a superare le soglie di un decoroso dilettantismo, che rifletteva la crescita sociale di più larghe fasce borghesi desiderose di fare della musica un motivo di legittimo status.
Proprio questo ampliamento della domanda (e conseguente abbassamento delle pretese tecnico-estetiche) è alla base dell'opera didattica di Duvernoy, qui riassunta nelle sue tre raccolte più celebri (di complessivi 60 studi). Le stesse incerte origini del musicista, che François-Joseph Fétis nella sua Biographie universelle des musiciens (1874) dichiara non appartenere alla famiglia di Frédéric-Nicolas e Jacques-Georges-Charles-François Duvernoy (rispettivamente cornista e clarinettista del Conservatorio parigino dai quali discesero Henri-Louis-Charles e Victor-Alphonse, entrambi pianisti di vaglia nonché insegnanti anch'essi al Conservatorio) e che il triestino Carlo Schmidl nel suo Dizionario universale dei musicisti già riconosce all'inizio del Novecento come fecondo autore di opere didattiche (evidentemente adottate anche dalla più assidua borghesia mitteleuropea) ci suggeriscono uno spirito intraprendente cui va il merito di aver dato sistemazione a una materia vasta, di livello sìelementare ma tuttavia ricca di spunti (arpeggi, doppie note, ribattuti ecc.). Le figurazioni, basate principalmente sulle scale, si snodano con varia, distesa articolazione nel corso dei vari studi, in un più generale disegno combinatorio di carattere genuinamente razionale. Un carattere, tuttavia, non alieno da una nota sensibile, che, resa soprattutto con il cantabile, esprime quella ricerca di piacevolezza che un dilettante avvezzo ai pezzi facili dei grandi pretendeva come qualità imprescindibile di un esercizio che non dimenticasse di essere anche diletto.
Andrea Parisini